La costruzione del ponte sul torrente Surricchiana a Calavorno risale al XIV secolo. Il ponte, posto sul fondovalle sulla via che conduceva a Castelnuovo, fu realizzato in pietra arenaria da maestranze locali. Per l’importanza della via di comunicazione su cui si trovava, è stato costruito come ponte carrabile e lo è anche oggi, nonostante il traffico si sia spostato sulla vicina strada statale.
Piano di Coreglia
L’odierno paese di Piano di Coreglia ha avuto origine dall’unione di tre piccoli agglomerati urbani fortificati antichissimi, oggi conosciuti come Nestrignana(Villa di Cistrignana), Manciana e Colle (Colle Bertingo). Villa di Cistrignana, l’attuale centro storico, la chiesa parrocchiale e l’intera via di Nestrignana, era già conosciuta nel X secolo, era dotata di un castello e faceva parte del piviere di Loppia. Il castello, un avamposto delle difese di Coreglia, compare nei diplomi imperiali del 1185 e del 1242 come una delle fortezze più ragguardevoli della Garfagnana. Di Manciana e del suo castello, molto probabilmente solo un casale fortificato, abbiamo scarse notizie documentate e alla fine del XIII secolo, insieme al castello di Villa di Cistrignana, scompaiono del tutto, perché molto probabilmente era venuta meno la loro importanza strategica. Colle Bertingo, sorgeva tra le odierne località Colle e Santa Lucia. Il suo castello sorgeva in un piccolo tratto pianeggiante e, per alcuni secoli, ricoprì un ruolo importante all’interno del sistema difensivo di Coreglia.
Ghivizzano
Il Borgo di Ghivizzano, dalla fine del X secolo alla seconda metà del XIV secolo, fu feudo e giurisdizione dei Rolandinghi, poi dei Castracani, che lo elessero a residenza familiare e a centro delle loro operazioni militari. La sua importanza crebbe notevolmente sotto Francesco Antelminelli, prima vicario poi conte di Coreglia, che dal 1329 al 1355 dimorò a lungo in questo castello. Dopo la sua morte, avvenuta violentemente per mano dei figli di Castruccio, abitò a Ghivizzano Nicolao, figlio di Francesco, conservando la giurisdizione su tutta la vicaria della montagna, fino al 1369. Da allora Ghivizzano rimase pacifico possesso di Lucca, eccezion fatta per gli anni successivi al 1438 durante i quali, espugnato da Francesco Sforza, alleato di Firenze, divenne fino al 14 maggio 1441 un minuscolo potentato del famoso capitano. Poi tornò a far parte dello Stato lucchese.
Il complesso fortificato di Ghivizzano costituisce uno dei più importanti presidi militari medioevali della Media Valle del Serchio. Ai piedi della fortificazione di sviluppa, secondo un andamento concentrico, il paese, le case e i palazzi sono direttamente edificati sopra le difese di valle. Un esempio unico lo possiamo vedere nella caratteristica via Sossala dove alle abitazioni si accede da un camminamento coperto e dotato di feritoie. La Chiesa dei SS. Pietro e Paolo, costruita sull´antica chiesa castellana nel XII secolo, nel 1778 fu prolungata verso levante, quasi del doppio, e nell´anno 1885 venne rialzata. Sul fianco meridionale dove si trova la porta di accesso, sono ancora visibili i resti dell´edificio antico, ravvisabili nel paramento murario con arcatelle pensili ornate da protomi umane e animali e nei resti dell´abside visibili al di sotto degli edifici addossati al presbiterio. All´interno della chiesa sono visibili diversi dipinti seicenteschi, tra cui spicca quello raffigurante i santi Pietro, Paolo e Lorenzo di mano di Tiberio Franchi. Sul pavimento della chiesa sono state ricollocate due lapidi sepolcrali, quelle di Giovanna e Filippo Castracani, rispettivamente moglie e figlio del signore del luogo nei primi decenni del XIV secolo.
Coreglia Antelminelli
Il Borgo di Coreglia Antelminelli si sviluppò durante l’Alto Medioevo, quando fu edificato il Castello e, intorno ad esso, si insediò una piccola comunità. Il Castello fu prima feudo dei Rolandinghi, signori di Loppia, quindi sentinella avanzata della Repubblica lucchese. Nel 1316 divenne possedimento di Castruccio Castracani, grande capitano lucchese e capo ghibellino divenuto, in quello stesso anno, signore di Lucca. Nel 1341, Coreglia cade in mano ai Fiorentini, ai quali la ritoglie Francesco Castracani degli Antelminelli nel 1352. Sotto Francesco Castracani il paese raggiunse il suo massimo splendore. Francesco Castracani ingrandì probabilmente la chiesa, dotandola di insigni opere d’arte, e si fregiò del nome di Conte di Coreglia nel 1355. Dopo il 1369 la sede dell’antica vicaria passò da Coreglia a Borgo a Mozzano. Nella prima metà del secolo XV, durante gli attacchi condotti contro le vicine località dai Fiorentini e dai loro alleati, rimase sempre fedele a Lucca. Tale fedeltà venne premiata dalla Repubblica nel 1562 con la costruzione del Commissariato di Coreglia che in pratica diede vita all’entità comunale tuttora esistente.
Da non perdere il complesso fortificato posto nella parte più alta del paese che appare ancora integro in diverse parti e nelle porte di accesso. La Chiesa di S. Michele risale al XII secolo e in origine ricopriva il ruolo di chiesa castellana, cosa di cui resta traccia nel campanile, antica torre del castello, in cui sono ancora visibili le feritoie e i punti di avvistamento. L’edificio, profondamente trasformato da una ristrutturazione effettuata nell’Ottocento, mantiene tuttavia alcune tracce dell’originale impianto romanico, specie nella facciata e nel fianco destro. All’interno, a navata unica, si conservano diverse opere di un certo rilievo, tra cui un fonte battesimale del XV secolo e un tabernacolo per l’olio santo risalente alla fine del XV secolo e di recente attribuito a Matteo Civitali , o a qualcuno dei suoi allievi più vicini. Da segnalare infine un gruppo in marmo dell’Annunciazione, e un Arcangelo Michele, opera certamente uscita dalla cerchia di Giovanni Pisano, attribuita variamente e Giovanni di Balduccio e a Lupo di Francesco e databile al XIV secolo. La Chiesa di S. Martino costituisce uno dei capisaldi dell´’architettura lucchese Alto-Medievale. Per questo edificio sono state individuate tre distinte fasi costruttive: della prima, collocabile nel IX secolo, rimangono la pianta, il fianco sinistro con un motivo ad archetti, e la testata absidale della navatella sinistra. Alla seconda fase, risalente alla metà del X secolo, appartengono invece l’abside con le tre monofore, la testata absidale della navatella destra e tutte le arcature interne, mentre la rielaborazione del fianco destro secondo i modi romanici data all’XI secolo, terzo momento edificativo. La facciata con il suo tipico aspetto da oratorio è invece frutto di un rifacimento seicentesco. L’interno, a tre navate, pur mostrando ancora l’impianto antico, conserva arredi ascrivibili a fasi successive della storia della chiesa, tra cui il cinquecentesco affresco del catino absidale o il settecentesco altare maggiore in marmi policromi. Da segnalare un tabernacolo per gli oli santi ascrivibile a Matteo Civitali o a qualcuno dei suoi collaboratori.
Non si può non visitare il Museo della figurina di gesso e dell’emigrazione per la cui descrizione rimandiamo all’apposita sezione del sito.
Lucignana
Il paese, come tanti altri della media Val di Serchio, fino al XII secolo fu il potere dei Rolandinghi. Passò quindi ai Bizzarri, loro successori, i quali ne conservarono la signoria per ancora un secolo. Nella parte più alta del paese si può ammirare la suggestiva porta che faceva capo alla rocca e al palazzo cinquecentesco della comunità. La Chiesa di Santo Stefano di origine romanica (XI sec.) venne ampliata in forma di croce latina tra il 1616 e il 1626, e vi vennero eretti cinque altari. L´edificio attuale mantiene dell´edificio medievale parte dei fianchi, che presentano un raffinato paramento a filari alternativamente alti e bassi di levigate bozze di calcare bianco, ascrivibili tra la la fine dell´XI secolo e gli inizi del successivo. Ampiamente rimaneggiata è invece la facciata, per l´inserimento di un portale rettangolare e per una serie di aperture poi tamponate. All´interno si conservano una Lapidazione di Santo Stefano di Ippolito Sani, riferibile alla fine del Cinquecento, e una Madonna col Bambino e santi eseguita nell´Ottocento da Sante Orsi.
Lungo la strada per Gromignana un sentiero in pochi minuti conduce, attraverso un bosco di lecci, all’Oratorio di S. Ansano. La piccola chiesa, di orine romanica, intorno al XII secolo venne trasformata in oratorio e gli fu aggiunto il portico, nel XIV secolo, la sua canonica venne adibita a Romitorio, ospitando un eremita custode della chiesa e del terreno annesso. Nel 1710 fu ulteriormente restaurato e ampliato.
Gromignana
Il paese ha origini antiche come rivela la zona fortificata di Camfumalbi, che ha restituito tracce d’un castelliere ligure e frammenti di ceramica romana. Con la denominazione di Grimignana è ricordato la prima volta nel 983 dal documento in cui si elencano le terre della pieve di Loppia. Per vari secoli abbiamo conferma della sua esistenza, poi scompare forse distrutto nel 1429 da Niccolò Fortebracci. Infine, dal XVI secolo all’alba del XIX secolo, i suoi abitanti vengono compresi nella comunità di Coreglia. Dell’età medievale in Gromignana forniscono ancora un valido accenno l’esterno della Chiesa di S. Cassiano ed alcuni muri della fortezza sottostanti al campanile.
Tereglio
Nel III-II secolo a.C. la montagna di Tereglio risulta abitata da tribù liguri, come testimonia la necropoli di Margeglio. Ignote sono però le vicende del paese dalla sua fondazione fino al 1287, quando appare tra le comunità a cui erano stati accordati i privilegi della cittadinanza lucchese. Dal 1272 fece parte della vicaria di Coreglia, quindi della vicaria, poi contea, di Francesco Castracani. Castello di grande importanza strategica, fino al 1371 fu l’ultimo dominio feudale conservato in terre lucchesi dai figli di Francesco, e successivamente, specie nel XVII secolo, baluardo di difesa della Repubblica di Lucca contro le minacce che di continuo giungevano d’Oltreappennino. Degni d’attenzione sono in paese le zone medievali del Fortino e di porta Mezzana, i portali cinquecenteschi, casa Noccorini, la Dogana e casa Giannini, che ripetutamente ospitò nel secolo scorso, al tempo della costruzione della via di Foce da Giovo, la duchessa Maria Luisa di Borbone, letterati e scienziati insigni. Eccezionale la Chiesa di Santa Maria Assunta risalente al XIII sec. Dell’originaria chiesa romanica rimangono solo alcune sculture frammentarie inserite nel paramento murario. Notevoli le modifiche apportate tra Cinque e Seicento, mentre nell’Ottocento furono aggiunte le due navate laterali. L’interno è caratterizzato dal bellissimo soffitto in legno intagliato, risalente alla metà del XVII secolo, un tempo ornato anche di pitture oggi perdute. In legno intagliato sono anche tutti gli altari ad eccezione del maggiore, intitolato a Maria Santissima ed eretto in marmo nel 1766, ed uno laterale realizzato in stucco nella prima metà dell’Ottocento. Gli altri sei risalgono al Seicento.
Tra le opere di maggior pregi spiccano: il gruppo ligneo raffigurante la Madonna col Bambino di maestranza toscana del XIII secolo; l’Angelo annunziante, sempre in legno ascritto in tempi recenti all’ambito di Piero D’Angelo e collocabile cronologicamente alla fine del Trecento, e la Croce dipinta, attribuita in seguito a un restauro a Berlinghiero o a uno dei suoi più stretti collaboratori; il quadro raffigurante Santa Rosalia davanti alla Madonna col Bambino, attribuito a Pietro Paolini.
Proseguendo lungo la strada oggi provinciale, aperta dalla Duchessa Maria Luisa di Borbone su progetto dell’Ing. Giacomo Marracci, si raggiunge l’Oasi e la Riserva Naturale dei luoghi di Botri nella quale è possibile visitare l’”Orrido”, alla scoperta dell’aquila reale e di specie botaniche e animali rare se non uniche. Proseguendo la strada conduce al Rifugio Casentini e quindi a Foce a Giovo con ampie possibilità di escursioni dal Monte Rondianaio alle Tre Potenze.
Vitiana
Vitiana sorge in posizione panoramica sulla Val Fegana. Sede di un castello andato distrutto, posto a guardia di un’antica strada di valico verso l’Emilia, viene nominato per la prima volta nel 994, come possedimento di Rodinaldo del fu Giovanni della famiglia dei Ronaldinghi.
Conserva una struttura tipica, con passaggi voltati, strette vie lastricate e case in pietra. La chiesa parrocchiale è dedicata a San Silvestro, di origine romanica, ma profondamente rinnovata. L’oratorio ha un impianto cinquecentesco ma è stato rimaneggiato diverse volte. La parte superiore è probabilmente del settecento poiché nella volta che sovrasta l’apertura si legge: “Chi recita una Ave Maria alla divina signora acquista un’indulgenza conceduta dalla santità di Benedetto XIV Pontefice Massimo” (pontefice fino al 1758). Nell’oratorio sono presenti affreschi che raffigurano San Leonardo di Noblac, San Tommaso Apostolo, San Pellegrino, San Francesco ed è presente anche un papa che probabilmente dovrebbe essere Silvestro I, patrono del paese.